INTERVENTO MENONI AL CONGRESSO NAZIONALE ORDINARIO DI PALERMO DEL 3 OTTOBRE 2009
Cari Amici,
non è facile, in un breve arco di tempo, sintetizzare quello che è stato fatto e quello che non è stato fatto nel triennio della scorsa consigliatura; come e perché si è arrivati alle attuali candidature; quali criteri sono stati utilizzati per la scelta dei candidati; il programma che ci si propone di realizzare per il futuro triennio.
Malgrado ciò, noi avvocati sappiamo che, in certe situazioni, il dovere della sintesi deve prevalere su quello dell’analisi. Cercherò quindi di illustrarvi, nel modo più “piano” e conciso che mi è possibile, gli argomenti sopra accennati.
I) CONGRESSO DI NAPOLI
Da parte di molte Camere Civili, già prima del Congresso di Napoli di tre anni or sono, era stata manifestata una palese insoddisfazione per l’operato dell’Unione Nazionale e si auspicava, quindi, un deciso rinnovamento e cambio di rotta.
Pure al congresso si è arrivati in assoluto “ordine sparso”.
Tutto si risolse in affannose “trattative di corridoio”, con il più classico sistema del “voto di scambio”: la tua camera civile appoggia i miei candidati, noi appoggiamo i tuoi.
Il risultato non poteva che essere negativo: sono stati eletti 25 soggetti che, nella maggioranza dei casi, non si conoscevano tra di loro e non erano conosciuti neppure da chi li aveva eletti!
L’unico elemento positivo del congresso doveva essere quello dell’approvazione di un nuovo statuto, sia pure con la precisazione che, in un successivo congresso straordinario, sarebbe stato emendato e completato.
La novità più rilevante del nuovo statuto era quella di prevedere due organi distinti per il “governo” dell’Unione: un ampio Direttivo Nazionale di 25 membri, che avrebbe dovuto essere convocato poche volte (tre all’anno) e che doveva avere la funzione di “parlamentino dell’Unione” ed adottare quindi le scelte e le strategie di fondo ed un’agile Giunta esecutiva, di 7 membri, che avrebbe dovuto costituire il “governo” dell’Unione ed assicurare pronta e immediata risposta ai problemi della professione e della giustizia civile che via via si sarebbero presentati.
II) CIO’ CHE NON E’ STATO FATTO NELLA SCORSA CONSIGLIATURA
Si tratta, purtroppo, di molte cose. Mi limiterò a ricordarne alcune delle più importanti.
Innanzitutto non è stata data attuazione allo Statuto.
Quello che avevo definito l’”organo di governo” dell’Unione e cioè la Giunta esecutiva, non ha mai funzionato e pur essendone prevista la convocazione “di norma almeno ogni due mesi”, in realtà è stata convocata non più di 2-3 volte nell’arco dell’intero triennio.
Una delle due ruote su cui doveva viaggiare la bicicletta dell’Unione è stata smontata e, come noto, diventa esercizio di difficile equilibrismo far viaggiare una bicicletta con una sola ruota. Ma anche quest’ultima unica ruota è stata subito sgonfiata.
Dai verbali che ho esaminato (me ne mancano due) risulta che, su un totale di 24 riunioni, una non ha potuto tenersi per mancato raggiungimento del numero legale e delle altre 23 ben 14 (più della metà) hanno avuto un numero di presenze di consiglieri nazionali che è oscillato tra i 13 (e cioè il minimo per raggiungere il numero legale) e i 16.
Solo nella prima riunione vi è stata una partecipazione totalitaria. Nelle successive si è affondati nel disinteresse della maggioranza dei consiglieri nazionali.
In queste condizioni il risultato era scontato e non poteva che essere mancanza assoluta di una strategia e di un disegno organico, di iniziative serie ed incisive e di rapporti costruttivi con le Camere Civili territoriali.
E’ sufficiente, in proposito, ricordare la forte polemica sorta, in sede di Assemblea Nazionale a Roma, all’inizio di quest’anno, per la mancata presentazione, per ben due anni consecutivi, del bilancio dell’Associazione.
Eppure si trattava (malgrado il pomposo nome di “bilancio”) di un semplice rendiconto contabile, poco più di una “lista della spesa”, anche per l’assoluta modestia delle somme oggetto di bilancio: poche migliaia di euro.
Il tesoriere è stato costretto a dimettersi ed il nuovo tesoriere è riuscito, sia pur faticosamente ed alla meglio (per la mancanza di qualsiasi documentazione), a mettere insieme un rendiconto che, per assoluta carità di patria, è stato poi approvato all’unanimità sia dal Direttivo che dal Congresso Straordinario di Venezia.
III) COSA E’ STATO FATTO
La risposta conseguente a quanto prima detto non può che essere: non molto.
Fra le cose fatte posso quindi ricordare:
a) il buon funzionamento della “Commissione Statuto”, che ha permesso la presentazione di due bozze di nuovo statuto e l’approvazione al Congresso Straordinario di Venezia del nuovo statuto.
b)Il discreto funzionamento della Commissione formazione ed ordinamento professionale.
E’ stato svolto un ruolo rilevante, unitamente alle altre Associazioni Forensi, inducendo – in primo luogo - il CNF ad una completa revisione del regolamento per la formazione professionale, approvato, in prima battuta, senza aver richiesto il parere ed il contributo delle associazioni forensi. Alcune delle nostre specifiche richieste sono state recepite dal nuovo regolamento attualmente vigente.
Molto impegnativa, ma non priva di qualche risultato, è stata anche la partecipazione alla Commissione ristretta presso il CNF, per la messa a punto ed approvazione della bozza di riforma della legge professionale, attualmente all’esame del Parlamento.
Anche in questo caso, siamo riusciti a coinvolgere e ad ottenere il consenso di quasi tutte le altre Associazioni nazionali forensi ed abbiamo quindi potuto dare, in sede di commissione, un non trascurabile contributo per l’approvazione finale della bozza.
c)Abbastanza buono è stato anche il funzionamento della commissione per la unificazione dei riti.
Sono stati elaborati alcuni documenti che, seppure non abbiano poi purtroppo trovato alcun seguito, contenevano proposte non prive di qualche originalità.
Poco altro, purtroppo, si è riusciti a fare.
IV) CONGRESSO STRAORDINARIO DI VENEZIA – NUOVO STATUTO
Si arriva quindi ai primi giorni di maggio, al Congresso Straordinario di Venezia, nello splendido scenario del Teatro La Fenice.
Direi che in quella sede è stato conseguito il più rilevante risultato positivo della scorsa consigliatura: l’approvazione del nuovo Statuto, che è caratterizzato da una novità veramente importante: il “Consiglio dei Presidenti”.
Una delle lamentele giustamente più sentite dalle Camere Civili territoriali era ed è quella dello scollamento tra gli organi dell’Unione nazionale e le Camere Civili territoriali. Il Consiglio dei presidenti, se correttamente utilizzato, può rappresentare lo strumento per l’attiva e fattiva partecipazione di tutte le Camere civili territoriali alla vita dell’Unione Nazionale.
V) PROGRAMMA PER IL PROSSIMO TRIENNIO
Il punto di partenza è stato quello dell’elaborazione di un programma.
E’ su questo che abbiamo richiesto la convergenza delle camere civili e le disponibilità alle candidature,
E’ un modo diverso di concepire le cose che ci sembrava importante: prima si elabora e si condivide un programma e poi, sulla base di tale programma, chi è d’accordo, offre la sua disponibilità a candidarsi.
Non il procedimento opposto, in forza del quale viene stabilito chi deve occupare delle “poltrone” e poi si elabora un programma, a semplici scopi elettorali.
Il programma è intitolato: “Programma per l’Unione Nazionale delle Camere Civili per il triennio 2009-2012”.
Non si tratta, quindi, di un programma “elettorale” ma di quello che realmente ci proporremo di cercare di realizzare, se ne avremo le forze e le capacità e se ci verrà attribuito il mandato
Per questioni di tempo, mi astengo dall’illustrarvi i singoli punti del programma rinviando al documento già trasmessoVi.
* * *
Sulla base di queste premesse, mi avvio alla parte conclusiva del mio intervento.
Collaudatissime tecniche di comunicazione confermano che l’ascoltatore non ama sentirsi dire “la verità”, ma bensì ciò che gli piace credere essere la verità ed entra quindi in uno stato di empatia con chi esprime i concetti che vuole sentirsi dire. (Si pensi, ad esempio, alle sofisticate tecniche utilizzate per le elezioni americane, in cui il candidato non dice ciò che pensa dei problemi ma, attraverso sondaggi e ricerche di mercato, gli viene indicato ciò che gli elettori vogliono sentirsi dire su tali problematiche).
Da parte mia vi preannuncio che vi dirò esclusivamente ciò che penso e, quindi, forse, anche cose che alcuni di Voi preferirebbero non sentirsi dire. Pure credo che sia una forma di rispetto per la vostra intelligenza e la vostra persona non trattarvi da “quivis de populo”, ma da “avvocati”.
Ed allora, se a tutti è chiara la situazione in cui attualmente versa l’Avvocatura ed in particolare l’Avvocatura civile, credo che il punto di partenza non debba essere quello consueto di una fin troppo facile critica e ricerca delle responsabilità altrui: vale a dire della nostra classe politica e della magistratura (pur se entrambe hanno, indubbiamente, enormi responsabilità) ma si debba partire da un’impietosa e “sana” autocritica delle responsabilità dell’Avvocatura e cioè delle nostre responsabilità.
E questo perché solo una categoria che sa essere seriamente autocritica, esaminare e cercare di emendare i propri errori, può poi pretendere rispetto ed attenzione dal mondo esterno della politica, dell’economia, dell’amministrazione.
Su tale spiacevole, ma necessaria, strada consentitemi alcune brevissime considerazioni.
1) Il problema numero uno (quello che definirei “il problema dei problemi”) è ormai unanimemente considerato l’enorme proliferare del numero degli avvocati, verificatosi in questo ultimo ventennio, che ha condotto all’inflazione degli albi (con una quadruplicazione degli iscritti), togliendo ogni seria prospettiva professionale ed economica, soprattutto ai giovani, con l’inevitabile conseguenza di un abbassamento del livello qualitativo.
E’ stato ultimamente spesso detto e scritto che molti giovani avvocati ormai non solo non conoscono il diritto, ma neppure la lingua italiana.
Sul punto è nata tutta una “letteratura”, che meriterebbe di essere raccolta e pubblicata in un volume.
Un paio di anni fa, un commissario d’esame mi raccontava di aver letto in un compito che i “diritti reali”, disciplinati dal codice civile del 1942, dovevano ritenersi abrogati, a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana e la conseguente soppressione della monarchia.
Se questa (a prescindere anche dai casi limite e dall’anedottica) è la situazione, non si può far finta di dimenticare che:
a) il controllo dell’effettività e proficuità della pratica, è di competenza dei nostri Consigli dell’ordine;
b) le Commissioni di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione sono presiedute e composte in maggioranza da avvocati.
Sono successe cose inenarrabili (in certi distretti percentuali di promossi che hanno sfiorato il 99%), eppure nessuno è intervenuto, neppure il CNF, che ha poteri ispettivi e di vigilanza.
Pensiamo, in proposito, alla differenza di comportamento delle commissioni di concorso per notaio o di quelle per l’ammissione alla magistratura, in cui non vengono mai interamente neppure coperti i posti disponibili.
Se leggete la relazione del Presidente della Commissione per l’ultimo concorso della magistratura (pubblicata sul Foro Italiano) vedrete che, a fronte di molte migliaia di candidati, la commissione ha ritenuto che non ci fossero soggetti idonei neppure per coprire le poche centinaia di posti messi a concorso, perché, secondo la commissione, non avevano preparazione sufficiente.
Tutti questi sono, poi, diventati avvocati!
Ci si lamenta dei risultati, ma si dimenticano (o meglio ancora, si fingono di non vedere) le responsabilità.
2)Deontologia.
Si afferma che l’abnorme aumento del numero degli avvocati, oltre che un abbassamento del livello qualitativo, abbia comportato un abbassamento del livello deontologico.
E’ vero e non può che essere così. Però cosa hanno fatto e cosa fanno i nostri Consigli dell’Ordine e il CNF per porre freno a tale situazione?
Cosa ha fatto il CNF di fronte alla scandalosa situazione di alcuni Consigli dell’ordine che da dieci - quindici anni non celebrano nessun procedimento disciplinare?
Le conseguenze che dobbiamo pagare tutti noi, anche in questo caso, sono pesanti: non solo perdita di credibilità ed autorevolezza, ma vi è la richiesta, sempre più insistente, della pubblica opinione e della politica, di organi disciplinari posti in posizione di terzietà, composti da elementi estranei all’Avvocatura.
Nel progetto di riforma approvato dall’apposita Commissione e licenziato nello scorso mese di febbraio dal CNF, per tentare di evitare, quindi, l’esternalizzazione, si è dovuta ipotizzare la “pasticciata” soluzione di un procedimento disciplinare “bifasico”, con una fase istruttoria in sede distrettuale e la fase propriamente del giudizio, in sede di ordine circondariale, con un collegio “misto”, composto in parte da membri dell’ordine dell’incolpato e in parte da membri di altri ordini.
Si tratta di un compromesso ragionevole sul piano politico, ma estremamente “macchinoso”, che renderà ancor più lenta e difficoltosa la celebrazione dei procedimenti disciplinari.
3)Rapporti con i Magistrati.
Si tratta di antica e vexata quaestio.
Ci lamentiamo dei comportamenti di supponenza ed arroganza di alcuni magistrati.
E’ vero, in molti casi è addirittura innegabile, ma noi avvocati siamo esenti da colpe?
Ovvero, anche in questo caso, il comportamento compiacente ed arrendevole di molti di noi non ha convinto certi magistrati che tutto o quasi è loro permesso?
La dignità dell’avvocatura la si difende giorno per giorno, non con vuote e roboanti enunciazioni di principio.
Si tratta, naturalmente, solo di qualche esempio, ma si potrebbe continuare a lungo.
* * *
Per i suesposti motivi (come diciamo noi avvocati), ritengo che non tutti possano votare per la nostra lista.
= Chi è soddisfatto per come funziona la giustizia (e particolarmente, per quanto ci riguarda, la giustizia civile) non ha motivi di votare per noi;
= chi è soddisfatto del ruolo riconosciuto all’Avvocatura (e particolarmente all’Avvocatura civile) non ha nessun motivo di votare per noi;
= chi è soddisfatto per come hanno funzionato in questi anni le rappresentanze istituzionali ed associative dell’Avvocatura (e particolarmente, per quanto ci riguarda, dell’Avvocatura civile) non ha motivo di votare per noi;
= chi ritiene che, a fronte della situazione che tutti conosciamo, sia saggio essere rassegnati e non valga la pena di cercare di reagire, uscendo dal triste rito dello “ius murmurandi”, non ha motivo di votare per noi;
= chi ritiene che l’Avvocatura sia ormai definitivamente destinata ad un ruolo sociale subalterno e si debba solo cercare, individualmente, di coltivare al meglio il proprio “orticello”, non ha motivo di votare per noi;
= chi ritiene che il ruolo delle Associazioni Forensi (e in particolare, per quanto ci riguarda, dell’Unione Nazionale delle Camere Civili) sia solo quello di portare i saluti a convegni e congressi e non quello di elaborare ed avanzare proposte anche scomode e controcorrente (vale a dire coraggiose); di realizzare magari anche piccole ma concrete iniziative, non ha motivo di votare per noi;
= chi ritiene che il ruolo dei rappresentanti di un’Associazione sia solo quello di ottenere consensi elettorali, per poi occupare dei “posti” e distribuire delle “cariche” e non quello di cercare di mobilitare le forze vive dell’Avvocatura, su progetti faticosamente condivisi, anche a prezzo di lunghi e franchi confronti, non ha motivo di votare per noi;
= chi ritiene che tutti siamo indifferenziatamente uguali, in un qualunquistico giudizio di valori e non crede che ci sia ancora qualcuno che, disinteressatamente, crede di dover mettere a disposizione le sue energie e le sue competenze nell’interesse comune, non ha motivo di votare per noi;
= chi insomma, riassuntivamente, non crede che possa nuovamente esserci un’Avvocatura (ed in particolare per quanto ci riguarda, un’Avvocatura civile) “libera e forte”, capace di svolgere un ruolo socialmente utile ed indispensabile, quale quello della difesa del cittadino, non ha motivo di votare per noi.
Qualcuno potrebbe dire che in tutto ciò vi è anche un pizzico di utopia.
Credo che ciò sia vero ma – come è stato detto – solo gli utopisti ed i poeti sanno percepire ed affrontare la realtà nella sua complessità.
E solo chi crede nella forza delle idee, può tentare di modificare le cose.
RENZO MENONI