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IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI FORENSI NELLA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO FORENSE

        
     Il progetto di legge per la disciplina dell’ordinamento forense è stato approvato lo scorso 17 novembre dalla Commissione Giustizia del Senato e si è ora in attesa che venga calendarizzato per l’esame e l’approvazione in aula.

         L’Avvocatura sta facendo forti pressioni sulla politica affinchè tale testo venga esaminato ed approvato al più presto perché, in difetto, si corre il rischio che diventi uno dei tanti progetti (qualcuno anche licenziato da uno dei due rami del Parlamento, ma mai definitivamente approvati) che in questi ultimi 60 anni si sono periodicamente succeduti. Già all’inizio degli anni ‘50 (e quindi nell’immediato dopoguerra) fu evidenziata la necessità di approvare con urgenza (come si vede ogni parola ha un significato del tutto relativo, soprattutto nell’ambito della politica) la riforma della legge professionale.

        

Se dovessi esprimere un giudizio complessivo e spassionato, direi che questa proposta di legge non mi convince del tutto, in primo luogo perché non coglie completamente e compiutamente le necessità di ammodernamento della professione; ma soprattutto perché, essendo frutto dell’incontro delle volontà della quasi totalità delle componenti dell’Avvocatura, risente fortemente, soprattutto in alcune sue parti, dei necessari compromessi che, in questo casi, si devono accettare.

         “Cartina di tornasole” in proposito è il procedimento disciplinare. Fra le due contrapposte tesi di mantenerne la competenza ai consigli dell’Ordine circondariali ed il trasferirla per l’intero in sede distrettuale, quando non addirittura ad un organo terzo, si è adottata una soluzione di compromesso, certamente encomiabile dal punto di vista “politico”, ma non del tutto condivisibile dal punto di vista legislativo e sistematico, perché il nuovo procedimento disciplinare, che esce delineato dal progetto di riforma, è estremamente macchinoso e complesso, con tutte le conseguenze che ne potranno derivare nella sua pratica attuazione.

         Malgrado ciò, l’Unione Nazionale delle Camere Civili ed io personalmente siamo fermamente convinti che questo progetto di legge debba, comunque, essere approvato al più presto e con meno modifiche possibili, perché rappresenta, comunque, il “Progetto dell’Avvocatura”.

        

E’ stato infatti un vero e proprio “miracolo” che la quasi totalità delle componenti istituzionali ed associative, abbia potuto riunirsi attorno ad un tavolo, costituire una commissione e raggiungere un accordo su un progetto condiviso e sottoscritto.

La Commissione costituita presso il CNF è composta oltre che da tre membri del medesimo CNF; da un membro designato dagli Ordini per ogni regione (normalmente il Presidente dell’Unione regionale dei Consigli dell’Ordine); da un rappresentante della Cassa, uno dell’OUA e da un rappresentante per ciascuna delle Organizzazioni forensi riconosciute come maggiormente rappresentative dal Congresso Nazionale Forense, fra le quali e per l’appunto, l’Unione Nazionale delle Camere Civili.

Ma venendo più specificamente al tema oggetto della mia relazione, devo dire che il contributo alla riforma dell’ordinamento professionale da parte delle Associazioni Forensi è cominciato proprio in sede di commissione ed è stato un contributo certamente importante e costruttivo.

Le Associazioni hanno saputo saggiamente rinunciare anche ad alcune loro particolari aspettative e posizioni (già sopra ne ho fatto un cenno, su alcune mie riserve su certi punti del progetto di legge), nell’ottica di giungere a una riforma condivisa da tutte le componenti dell’Avvocatura italiana.

Se, quindi, la legge di riforma verrà approvata sarà un’importante vittoria per tutta l’Avvocatura non solo perché dimostrerà che, nei momenti importanti, l’Avvocatura sa superare le proprie divisioni e differenze di vedute e sa essere un interlocutore importante ed affidabile della politica, ma soprattutto perché, nell’attuale e ormai sempre più insostenibile crisi in cui versa la giustizia e la nostra professione, vi è assoluta ed urgente necessità di approvare strumenti legislativi che possano meglio e più adeguatamente regolamentare la nostra professione, cercando di assicurarne la sopravvivenza.

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Il disegno di Legge di riforma dell’Ordinamento professionale, così come approvato dalla Commissione Giustizia del Senato, prevede un espresso riconoscimento legislativo delle Associazioni Forensi riconosciute come maggiormente rappresentative dal Congresso Nazionale Forense.

         E’ questa una novità assoluta (che io, scherzosamente, chiamo “costituzionalizzazione” delle Associazioni) perché, nel disciplinare quello che dovrebbe essere il nuovo ordinamento della professione d’avvocato, accanto al tradizionale ruolo degli organi istituzionali (Consigli dell’Ordine e Consiglio Nazionale Forense), la legge richiama ripetutamente il ruolo delle Associazioni Forensi maggiormente rappresentative, in punti e snodi fondamentali della normativa.

Esaminiamo brevemente tali punti:

I) Art. 1, comma 3 (Regolamenti attuativi)

Fin dall’articolo introduttivo (titolato, per l’appunto “Disciplina dell’Ordinamento forense”), al terzo comma, dopo aver dato atto che all’attuazione della legge si provvede mediante regolamenti adottati del Ministro della Giustizia, entro un anno dalla sua entrata in vigore, previo parere del CNF, si afferma: “Il CNF esprime i pareri di cui sopra entro 90 giorni dalla richiesta, sentiti i Consigli dell’Ordine territoriali e le Associazioni Forensi che siano costituite da almeno 5 anni e che siano state individuate come maggiormente rappresentative dal CNF ai sensi dell’art. 36”.

 

II) Art. 8, comma 1°; comma 2°, lett. c; comma 3°, comma 5° e comma 8° (specializzazioni)

L’articolo 8 disciplina le specializzazioni, che rappresentano una novità assoluta per la nostra professione.

Come sappiamo, infatti, attualmente non è permesso ad un avvocato qualificarsi “specialista” in un certo ambito o settore di attività, pena l’apertura di un procedimento disciplinare.

L’art. 17 bis del vigente Codice Deontologico consente, infatti, solo di indicare “diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari” e “i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente”.

Col nuovo progetto di legge, viceversa, è espressamente “riconosciuta la possibilità per gli avvocati di ottenere e indicare il titolo di specialista, secondo modalità che sono stabilite con regolamento adottato dal CNF ai sensi dell’art. 1, acquisiti i pareri delle associazioni specialistiche costituite ai sensi del comma 8”.

Nel regolamento devono essere anzitutto individuati l’elenco delle specializzazioni riconosciute (comma 2, lett. a) ed i percorsi formativi e professionali di durata almeno biennale necessari per il conseguimento dei titoli di specializzazione, cui possono accedere gli avvocati che abbiano maturato un’anzianità di iscrizione all’albo di almeno 2 anni(comma 2, lett. b). A tal fine possono essere costituite scuole e corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista,  scuole e corsi di alta formazione che, oltre che dai Consigli dell’Ordine territoriali, possono essere gestiti dalle Associazioni forensi ed altri enti e istituzioni pubbliche o private.

Il terzo comma prevede poi che le scuole e i corsi di alta formazione non possano avere durata inferiore a due anni, per un totale di almeno 200 ore di

formazione complessive e, all’esito della frequenza, l’avvocato deve sostenere un esame di specializzazione presso il CNF il cui esito positivo è condizione necessaria per l’acquisizione del titolo.

 La Commissione d’esame viene designata dal CNF e sarà composta da membri del medesimo CNF, da avvocati indicati dagli ordini forensi del distretto, da docenti universitari, magistrati e “da componenti indicati dalle associazioni forensi”.

Il successivo comma quinto, stabilisce che gli stessi soggetti che possono istituire le scuole di alta formazione (e quindi anche le Associazioni forensi)  debbano organizzare “con cadenza annuale corsi di formazione continua nelle materie specialistiche conformemente al regolamento”.

L’ottavo comma stabilisce infine che: “Il CNF tiene l’elenco delle Associazioni aventi personalità giuridica costituite fra avvocati specialisti che delibera di riconoscere sulla base della loro rappresentatività, diffusione territoriale e dell’eventuale accreditamento internazionale. Le Associazioni non possono rilasciare attestati di specialità e di specifica competenza professionale.”

Come si vede, quindi, particolarmente rilevante è il ruolo delle Associazioni forensi nell’ambito delle specializzazioni, sia nella fase

preliminare, per l’attribuzione della qualifica di “specialista”, sia nella fase successiva della formazione continua per lo specialista stesso.

III) Art. 10, comma 2° (formazione continua)

Nell’ambito della formazione continua, l’art. 10, comma 2°, stabilisce che il CNF determini “le modalità e le condizioni per l’assolvimento dell’obbligo dell’aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l’organizzazione dell’attività di aggiornamento a cura degli ordini territoriali, delle Associazioni forensi e di terzi”.

IV) Art. 11, comma 1°

L’art. 11 stabilisce l’obbligatorietà per l’avvocato singolo, associato o costituito in società fra professionisti di stipulare una “polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione  .”

Il primo comma della suddetta norma prevede che tale polizza possa essere stipulata “anche per il tramite di convenzioni sottoscritte dal Consiglio Nazionale Forense, da Ordini territoriali, Associazioni ed Enti previdenziali forensi”.

V) Art. 36, comma 2° (Congresso Nazionale Forense)

L’art. 36 disciplina il Congresso Nazionale Forense, che deve essere convocato almeno ogni 3 anni (attualmente ogni 2) e che rappresenta la massima espressione dell’Avvocatura. Il 2° comma stabilisce che “il Congresso Nazionale Forense è il momento di confluenza di tutte le componenti dell’Avvocatura italiana nel rispetto della loro autonomia”.

Pur non essendovi un richiamo espresso alle Associazioni, è evidente che, facendo la norma riferimento “a tutte le componenti dell’Avvocatura”, non possono che esservi ricomprese le componenti istituzionali ed associative.

VI) Art. 40, comma 1°; comma 2°, lett. a; comma 3° (corsi di formazione per l’accesso alla professione)

L’art. 40 del progetto di legge disciplina i corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato.

Al primo comma si afferma che “il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a 24 mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti esclusivamente da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge”.

Il successivo secondo comma stabilisce che il CNF debba disciplinare con regolamento le modalità e le condizioni per l’istituzione dei corsi di formazione per l’accesso alla professione d’avvocato, “da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale”.

Il terzo comma, da ultimo, stabilisce che i costi per l’istituzione e lo svolgimento dei corsi di formazione possano essere, in parte, a carico dei praticanti che le frequentano, “ferma restando la possibilità per gli ordini e le associazioni forensi, di accedere a finanziamenti resi disponibili dallo Stato, dalle Regioni, da altri enti pubblici e da privati”.

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Concludendo, come si è visto, molto rilevante è il ruolo espressamente riconosciuto nel progetto di legge di riforma dell’Ordinamento professionale, alle Associazioni Forensi maggiormente rappresentative: dall’espressione dei pareri al CNF per l’attuazione della legge; al penetrante ruolo da svolgere in materia di specializzazioni, per l’espressa previsione della possibilità di istituire corsi e scuole di alta formazione e corsi per il successivo aggiornamento degli “specialisti”; in materia di formazione continua; quali soggetti abilitati a stipulare convenzioni in materia di assicurazioni per la responsabilità civile; quali componenti essenziali dell’Avvocatura italiana, nel momento più alto di

confronto, costituito dal Congresso Nazionale Forense e quali soggetti abilitati per la tenuta di corsi di formazione per l’accesso alla professione.

Si tratta del riconoscimento legislativo dell’importante ruolo svolto dalle Associazioni in quest’ultimo ventennio.

Se è quindi con soddisfazione che si prende atto di tale riconoscimento, è, come sempre, anche il momento delle assunzioni di responsabilità.

Le Associazioni Forensi devono evitare la tentazione di diventare i “partiti” dell’Avvocatura, con il rischio di dividerla e di essere portatori solo di interessi settoriali, per rappresentare invece, sempre più, lo spirito propositivo ed attuativo di una necessaria modernizzazione della professione, riallacciandosi alle nostre gloriose tradizioni.